venerdì 28 dicembre 2012

Tocar y tocar… toccare e suonare


 “Tutto comincia da qui. Toccare profondamente l’universo.” Daniel Odier

Dopo il mio soggiorno di tre mesi a Buenos Aires, ho portato con me al mio rientro, tra le altre cose, uno strascico di accento nel mio parlare e l’amore per una lingua che ancora non conosco perfettamente, ma che il mio cuore riconosce profondamente.
Il castellano (io lo conosco nella sua forma rioplatense) è un idioma meraviglioso e denso che spesso sintetizza in una sola parola più di un significato o di una sfumatura importante.
Ad esempio, e non a caso: il verbo “tocar”, se tradotto in lingua italiana può essere inteso sia come “toccare” che, se riferito ad uno strumento musicale, come “suonare”…. D’altronde è perfettamente logico, se tocchiamo uno strumento musicale facilmente produrremo un suono da esso, e quindi toccandolo lo suoniamo! 
Pensiamo al tango per un momento: il tatto, tramite l’abbraccio, è sicuramente uno dei sensi coinvolti prepotentemente. Ma il tango è anche musica, e il toccare l’altro con la musica! Quando tocchiamo il nostro partner produciamo un effetto di risonanza energetica in lui e se esiste una buona armonia tra le due vibrazioni e con la musica stessa, che è la base della sincronizzazione della coppia, creiamo una sinfonia di ballo e suoniamo sulle corde del corpo e dell’anima dell’altro, in un piacere meraviglioso e reciproco… così tocchiamo e suoniamo allo stesso tempo in qualche modo!
Accettare di entrare in completa risonanza con l’altro, toccarlo nel profondo perché noi stessi siamo aperti ad essere profondamente toccati, è il mezzo per lasciare che si sprigioni la melodia dei nostri corpi e dei nostri cuori, insieme, in condivisione, oltre il controllo nell’incontro totale.
 “Siamo tutti come delle bombe pronte ad esplodere d’amore. […] Accettare di toccare l’altro è accettare di far esplodere questa bomba.”
Daniel Odier

martedì 25 dicembre 2012

Tecnica: prima di tutto un corpo, morbido

!!! Versión en español disponible después del texto italiano !!!
 “E’ utile anche rendersi conto che questo corpo che abbiamo, questo corpo che proprio adesso si trova qui…con i suoi dolori e i suoi piaceri… è esattamente quel che ci serve per essere pienamente umani, pienamente desti, pienamente vivi.”
Pema Chödrön

La prima cosa che sempre considero quando inizio i miei training fisici e il mio studio di tecnica, è il mio corpo. Bè, direte, “ovviamente!!”, ma non è così scontato, considerare il corpo davvero come prima cosa significa spegnere il più possibile ogni altro pensiero, e sentirlo, prendersi amorevolmente cura di lui con attenzione, essere dentro, essere lui, e sapere cosa mi vuole dire e mi sta dicendo… e sì, perché il corpo ci parla, ci dice come stiamo, cosa ci manca, cosa desideriamo, sempre, anche quando non ci impegniamo in una attività fisica. Il nostro corpo è la nostra navicella spaziale, il mezzo che carnifica in questa dimensione solida la nostra essenza. Essere presenti significa accendere la lampadina della nostra personalissima anima dentro la nostra carne.
Nel tango in particolare questo presupposto è fondamentale perché la presenza fisica significa anche apertura alla comunicazione. E per me la comunicazione è “La Tecnica” nel tango.
Durante una classe privata ho fatto tesoro di due immagini in particolare che mi sono state proposte. La sensazione dei miei piedi poggiati sul pavimento come una bistecca di carne cruda lanciata a terra che si appiccica morbidamente ma anche con piena forza adesiva, e l’immagine di un fiore tenero che si schiude, come il nostro corpo che rilassa le tensioni e diviene consapevole del sostegno interno, delle nostre ossa e della terra, e si apre al flusso delle proprie sensazioni e di quelle che ci arrivano dalla comunicazione con l’altro e con la musica.
Un corpo morbido e vibrante, respirato, calmo e presente, ora, che sente e accede al magma profondo della carne, quell’oceano scuro e di velluto, quella lava nera e incandescente, ritmica e pulsante, istintiva e animale, e mette tutto questo a disposizione della luce della coscienza, del rosa morbido del cuore, dell’armonia della melodia, dell’abbraccio accogliente… per essere pienamente vivi, presenti, aperti e comunicanti, collegati, spiriti selvaggi, anime di sangue, per essere veramente noi stessi e fieri di esserlo!

“Il privilegio di una vita è essere quello che siete”
Joseph Campbell


Versión en Español

Técnica : primero de todo un cuerpo suave

 “Es muy útil darse cuenta del cuerpo que tenemos; este cuerpo que ahora que se encuentra aquí con sus dolores y sus placeres, es exactamente aquel que nos sirve para ser plenamente humanos, despiertos, vivos”.Pema Chödrön
 La primera cosa que tomo en cuenta cuando empiezo mi entrenamiento físico es el estudio de la técnica en mi cuerpo. “Por supuesto” dirán ustedes, pero no es totalmente dicho. Considerar el cuerpo como primera cosa, significa no pensar en otra cosa, sino solo sentirlo, cuidarlo, estar dentro, ser el mismo y saber cosa nos esta diciendo. Sí.. claro.. porque el cuerpo nos habla, nos dice como estamos, que nos hace falta, que deseamos, siempre, aunque cuando estemos en reposo, no realizando una actividad física.
Nuestro cuerpo es nuestra nave espacial, es el medio que encarna en esta dimensión solida, la nuestra esencia. Ser presentes significa prender la lampara de nuestra intima alma dentro de nuestra carne.
En el tango, en particular, esta consideración previa es fundamental porque la presencia física significa apertura de la comunicación y para mi la comunicación es la “Técnica” en el tango .
Haciendo una clase privada, hice incapie en  dos imagenes en particular que me propusieron. La sensación de mis pies apoyar el piso como si fuera un  churrasco de carne cruda lanzada en la tierra que se pega de una forma adhesiva al piso y la imagen de una flor tenera que se abre, como nuestro cuerpo que se relaja, se libera de tensiones, y que entiende que representa el sostén interno de nuestro huesos y de la tierra y que se abre al flujo de las propias sensaciones y de las que llegan por la comunicación con el otro y con la música.
Un cuerpo suave y vibrante , calmado y presente, siente y va al   magma profundo de la carne, ese océano de terciopelo oscuro, el negro de la lava incandescente , rítmico , pulsante, instintivo , animal, y  pone todo esto a deposición  de la luz de la conciencia, del rosa suave del corazón, de la armonía de la melodía, del abrazo acogedor ... para estar completamente vivos, presentes, abiertos comunicantes,  conectados, espíritus salvajes, hermanos de sangre, para ser verdaderamente nosotros mismos y orgullosos de serlo.
“El privilegio de una vida es ser quien eres "
Joseph Campbell

lunedì 24 dicembre 2012

Balliamo sul mondo alla fine del mondo

Cosa rende speciale una esibizione? Come nasce la magia? Come si manifesta l'arte?
Credo la magia sia quella forza che si irradia senza l'intenzione di stupire o di arrivare al pubblico. Quella forza che nel tango nasce dalla concentrazione della coppia ma che la travalica per irradiazione, disinteressata dal mostrarsi e pienamente presente nell'essere.
E' il messaggio interiore che suo malgrado esce dal cuore e dai piedi nella musica, che ha il solo scopo di manifestarsi, di ricordarci qualcosa, e la sua forza arriva da dentro e oltre, in uno spazio vuoto in contatto con tutto e tutti.
Il vuoto silenzioso e luminoso dove c'è il senso e la pace profonda del nostro talento e della nostra arte, qualunque essi siano. Ognuno di noi ha questo spazio dentro di sè e la possibilità di accedervi e scoprire chi siamo davvero e quale è davvero il nostro messaggio, in generale, nella nostra vita.
Quando accediamo a questo spazio segreto, ogni volta che siamo in contatto con esso, chi siamo travalicherà noi stessi per diffondersi sofficemente oltre e le emozioni diventeranno un extra di gico e piacere che non ci spingeranno fuori non ci sbilanceranno ma ci arricchiranno.

Che questa fine del mondo, questa fine dell'anno e questo Natale ci servano per affrontare il drago interiore delle nostre paure a guardia del nostro vuoto interiore. Che l'onda dei cambiamenti ci spinga davanti a quegli occhi di fuoco, sulla sua cresta appuntita e ci dia il coraggio di batterci e sconfiggerlo, domarlo.
Così nella nuova era saremo in groppa al nostro destriero di fuoco, sorvolando il mondo, liberando e aprendo le porte dei nostri spazi interiori infinitamente pieni e vuoti, e vedremo la pace delle nuvole e la luce del sole risvegliare i nostri cuori,
ballando di gioia sul mondo ai confini del mondo....

con affetto
Buone Feste a tutti!
Martina

mercoledì 19 dicembre 2012

I punti e le virgole

https://www.facebook.com/video/video.php?v=234454673240125&comments

Su FaceBook, condiviso da molti amici, ho incontrato questo video (il link è riportato appena sopra). E' solo 1 minuto ma davvero interessante e ficcante su cosa è il tango. Mi ha molto colpito in particolare la parte in cui El Gallego Manolo dice più o meno questo (perdonate la mia libera traduzione!): "se apri un libro e non rispetti i punti e le virgole, non comprendi quello che si dice. Bisogna rispettare i punti e le virgole, bisogna imparare a maneggiare i silenzi, questo significa giocare con il tempo musicale, e non si impara facilmente a fare ciò, però si può raggiungere!"
Mi ha colpito perchè solo un secondo prima di vedere il video, avevo in mano un libro meraviglioso e leggevo:
"Noi siamo abituati a porre attenzione alle parole, ma la porta del divino si trova nella punteggiatura. Le virgole, i punti, segnano una pausa tra due segmenti, tra due proposizioni, tra due frasi. La virgola, il punto sono l'infinito, il vuoto. [...] Tra due respirazioni, vi è una virgola. Tra due sentimenti, tra due idee, vi è una virgola. Tra un gesto e l'altro, vi è una virgola. La magia è che ogni esperienza di vita è seguita da una virgola, e si può continuamente agire e abbeverarsi all'infinito, avendo la coscienza di questa punteggiatura. La nostra vita è troppo spesso come un testo senza punteggiatura, crediamo che le parole siano incollate l'una all'altra all'infinito. [...] Tutto a un tratto vi è uno strappo, un silenzio, un vuoto, una virgola e la vera vita ricomincia. Questa sosta ci permette di essere presenti, di riprendere il nostro respiro, di entrare in piena Coscienza nel gruppo di parole che seguono. Questi silenzi ci permettono di renderci conto di quello che stiamo facendo e di gustarlo pienamente."
Daniel Odier

Se è vero come dice Paolo Conte che il tango è una metafora della vita "come la lucertola sta al coccodrillo", allora sperimentare il piacere del movimento interiore prima che esteriore, e della condivisione profonda e sottile nel silenzio in un tango, è la palestra per portare questo in noi dentro e oltre i 3 minuti.
E così l'invito è ad immergerci sempre nell'immenso vuoto dentro agli atomi stessi della vita, sapendo che si può, perchè l'infinito non solo è alla portata di tutti, ma è dentro noi tutti... e la meraviglia nel tango è che questo avviene in un abbraccio che unisce due ruoli opposti e due energie complementari, in una mescola che ricompone la frammentazione e va oltre l'individuale e la dualità. Non esistono vere differenze, nè reali sono le divisioni. Nel tango esiste la coppia, esiste l'anima della milonga, esiste la connessione, nella vita esiste l'appartenenza all'infinito, il riconoscersi nell'altro, il penetrare la differenza per ricollegarsi all'unità.

"Il vero senso della vita è che tutto comunica e che tutto trasmette una carica. La frammentazione porta all'esplosione individuale e sociale. Tutto ciò che è a parte è destinato ad estinguersi. Essere vivi è l'atto di coraggio per eccellenza, poichè vivere è rendersi conto della immaterialità delle divisioni e degli scomparti e gettarsi nel turbine. Contrariamente a quello che la maggior parte del genere umano pensa, non vi è alcun rischio a gettarsi nel turbine, ma non ce ne rendiamo conto che dopo aver saltato e ciò che è difficile è saltare." Daniel Odier

La paura di perdersi in una mare tanto vasto è grande e primordiale, ma il piacere che ci aspetta è molto più ampio e meraviglioso. E' difficile, è un percorso a spirale fatto di corsi e ricorsi...                                                                  
... Ma si logra, si logra!


domenica 16 dicembre 2012

Istanbul: il paese dei balocchi

La mia personalissima e limitata esperienza, niente di più...

Una immensa città divisa dal mare tra oriente e occidente. Colorata dalla seta e dal cachemire dei bazar, dalla frutta agli angoli di strada e dal succo di melograno, dai dolci delle pasticcerie, dalle lanterne illuminate. La tradizione popolare con la sua musica orientale è nel sangue dei suoi abitanti, i pedi a terra e le mani in alto a girare. Camminare nella folla è un bagno di umanità, e il canto dagli altoparlanti delle sinagoghe è un respiro sonoro che risveglia l'anima. Gli occhi densi e profondi degli uomini si addolciscono allo sguardo femminile, propensi a subirne il fascino e a tentare la seduzione.
Lenti e attenti ballano in pista sul filo del piacere, in una ronda disordinata come il traffico nell'ora di punta, frenando col busto la libertà delle gambe, concedendo e prendendo molto nell'abbraccio ma distanti nel saluto, a volte diffidenti e un po chiusi nell'invito, certamente sensibili e musicali nel ballo.
La forza dell'umanità che si presenta, del rapporto autentico viso a viso, a volte tanto gentile quanto altre volte scortese, ti scuote il cuore, ti cambia nelle radici, questa una terra calda e colorata che fiorisce nei corpi della gente e torna a te di riflesso. Qualcosa dell'aria diversa e magica di Buenos Aires a volte sembra riecheggiare anche qui, in una diversa forma di tradizione popolare e di clima caldo, di seduzione femminile e dimensione della città grande, non sempre ricca e pulita, di porti vivi e colorati. Al dulce de lece si sostituisce l' "helva" con le sue fette friabili, all'assado si contrappone il kebab, al chorizo venduto per strada, le pannocchie bollite dei carretti di Istanbul in una tradizione di cucina mediterranea sana e ricca di vitamine. Torno a casa con la valigia piena di pashmine colorate, di scale pentatoniche, di canti nell'aria, di occhi profondi e contatti sinceri, pronta a lasciare che tutto espanda il mio cuore e sciolga la paura delle mie spalle ancora una volta più profondamente, più profondamente.

mercoledì 12 dicembre 2012

Mantova tango festival: “hasta romper los zapatos”



Ho fatto chilometri a Mantova questo week-end...

Chilometri in treno, per arrivare da Torino e stare tutti assieme in un “appartamento internazionale” con amici da Zurigo e Barcellona.
Chilometri camminando sul posto, per riscaldarmi in una città innevata e gelata, bianca e brillante sotto la falce di luna del sabato sera.
Chilometri sul parquet della sala lezioni, provando e riprovando ogni movimento, ogni dinamica, ogni sequenza, cercando l’essenza, la connessione, mantenendo l’asse e andando fuori asse… e fuori di testa e fuori musica, nel tentativo di trovare controtempi, sincopi e terzine.
Chilometri nella ricerca personale di cos’è tecnica nel tango, cos’è relazione, cos’è musicalità, assorbendo la forza comunicativa di Chicho y Juana e mettendo in gioco tutto il possibile per andare avanti in coppia nel lavoro, per trovare la sintonia e mantenerla oltre la fatica, oltre il poco sonno, otre la stanchezza e le differenze personali.
Chilometri nell’abbraccio, perché ho abbracciato tanto e tanto sono stata abbracciata, ballando a cuore aperto con amici cari e sentendo la forza di un battito sincronizzato, di una camminata respirata, di un corpo che si apre al flusso dell’intenzione e della musica e produce gioia e piacere, condiviso.
Chilometri nell’arte, guardando esibizioni incredibili in cui la connessione, il sentimento e la bravura producono e scatenano emozioni intense, che come un’ onda sommergono l’anima della milonga e si insediano forti dentro ciascuno diventando fonte di ispirazione e risorsa.
Chilometri in pista, perché la musica era meravigliosa, i DJs posseduti dal fuoco della consolle e il livello generoso, l’ambiente rilassato e tutto complottava per tirarti dentro il ballo ad ogni passo.
Chilometri oltre la soglia della stanchezza, e scoprendo che anche lì, il piacere e l’aiuto della terra nella camminata e nel tango, fanno miracoli e ci aprono inesauribili  fonti di risorse sempre pronte a sostenerci.
Chilometri e chilometri dentro di me, alle prese con le tensioni del corpo e dell’anima, divisa tra piacere e conflitto, davanti a tante prove, sollecitazioni, e tornando a me a volte più forte altre più debole, ma viva e sensibile, limitata e illimitata… e alla fine tornando a casa.

lunedì 10 dicembre 2012

Vademecum: Conclusioni!


Care amiche e cari amici,

siamo arrivati al termine di questo tragitto a tappe del Vademecum per ballerine presenti, ovvero       "Come sopravvivere ad un tango festival ed essere felici".
Spero, in tanto sproloquio durato alcuni mesi e sviluppatosi in tanti post, di avervi lasciato anche solo una buona idea o prospettiva, e che sia utile per trovare la vostra strada di presenza in un turbinio di dinamiche come quelle di un festival di tango. 
La mia personale linea guida di condotta in questi eventi, al di là di strategie e tattiche, è concentrata nello sviluppo del mio personale spazio interiore, l’unico in grado, con il suo testimone interno, di permettermi di rimanere in contatto con le mie emozioni e i miei bisogni, far cadere le aspettative, aumentare la capacità di comprensione e riconoscimento delle dinamiche della milonga, farmi accedere ad un ampio bacino di informazioni inconsciamente condivise che possono arricchirci immensamente, aiutarci ad accettare e comprendere i momenti negativi e di stallo e darci così una opportunità di crescita personale. La serata perfetta, così come la giornata perfetta, esiste ed è alla nostra portata, dobbiamo solo lasciare che si dipani sotto i nostri occhi, smettere di fare e controllare, lasciarci portare dal flusso, l’unico in grado davvero di attivare le nostre capacità creative inconsce, capacità che fioriranno spontaneamente presentandoci realizzati i nostri desideri più autentici e, qualora ci metta difronte ai nostri limiti, smettere di combatterli e accogliere con amore l’immagine riflessa che la realtà ci propone, perché per quanto non ci piaccia, siamo noi con la nostra energia e i nostri limiti racchiudono un immenso potenziale di cambiamento!! Assumerci la responsabilità della nostra crescita ci restituisce il potere della trasformazione della nostra realtà, ed è un potere molto più grande di quanto possiamo immaginare e che ci apre le porte del cuore.

Un in bocca al lupo a tutte con grande affetto….


Martina

mercoledì 5 dicembre 2012

Il vento e il deserto




Mi piace pensare di essere un vento che nessun pugno può chiudere, afferrare o intrappolare. Eppure posso accarezzare, scompigliare i capelli, sollevare, abbracciare in un turbine, penetrare corpo e anima.
Mi piace pensare di poter stare con qualcuno che non può essere afferrato e rinchiuso come il vento, e penso al deserto che con la sua sabbia scivola via ed immenso non entra in una scatola.
Mi piace pensare che il vento e il deserto non si posseggano e contengano mai l’un l’altro, ma sempre si toccano all’orizzonte. Il deserto non sarà mai geloso dei profumi esotici che porterà il vento, ma gioirà del regalo e della conoscenza che mai avrebbe potuto afferrare solo. Il vento non sarà mai geloso di sentire la sabbia calda baciata dal sole in sua assenza, ma gioirà del tepore e del brillio che mai avrebbe potuto sentire solo.
Possa il vento sollevare la sabbia e abbracciarla con il suo impeto, possa la sabbia riempire il vento e colorare l’aria con i suoi granelli, possa l’amore vivere senza possesso e gelosia e toccarsi sempre all’orizzonte, per incontrarsi ancora e ancora, sempre nuovi e trasformati, e liberi.

Martina